Su quel che mi accadde poi nel corso dell’erranza, prima del nostro incontro, avrei ancora molto da raccontarti. Tanti ne misi alla prova, ma nessuno come te mi parve degno di rigenerare ed eternare il tronco dell’eccelso Eckwald”.
Con tutti questi discorsi la testa mi girava senza che l’avessi effettivamente mossa di un solo palmo. Le posi diverse domande, ma non ottenni alcuna risposta particolare, tanto più ne trassi estrema angoscia, poiché lei, dopo quel che era successo, doveva far ritorno dai suoi. Certo sperava di ritornare da me, ma ora doveva inevitabilmente porre fine al suo viaggio, altrimenti per noi due non ci sarebbe stata più alcuna speranza. Le tasche sarebbero state presto vuote, con tutto quel che ne sarebbe potuto derivare.
Appena sentii che il denaro stava per finire, non chiesi quel che sarebbe potuto accadere, alzai le spalle, tacqui, e lei sembrò comprendermi. Preparammo i bagagli e salimmo sulla carrozza, sopra di noi stava il cofanetto nel quale non mi era ancora riuscito di scorgere niente di simile a un palazzo. Viaggiammo fermandoci più volte. Il denaro per pagare conti e mance affluiva generosamente dalle piccole tasche. Alla fine giungemmo in una contrada montagnosa e appena smontati dalla carrozza, la mia bella si incamminò e io ai suoi comandi la seguii con il cofanetto. Mi guidò lungo sentieri piuttosto ripidi fino a una stretta conca dove una limpida sorgente scendeva giù a precipizio ora con impeto, ora con sinuosi e più dolci serpeggiamenti. Qui mi indicò un piano elevato, mi ordinò di posare il cofanetto e disse: “Addio, troverai facilmente il sentiero per tornare indietro; pensami, spero di rivederti un giorno”.
In quell’attimo sentii che non potevo lasciarla andare. Quello era proprio il suo giorno propizio, o se preferite, la sua ora. E solo a guardare la sua figura così soave sul prato verde, tra l’erba e i fiori, stretta dalla roccia, attorniata dall’acqua mormorante, quale cuore sarebbe rimasto insensibile! Volevo afferrarle la mano, abbracciarla, ma lei mi spinse indietro minacciandomi, benché ancora amorevolmente, di un grande pericolo, se non mi fossi allontanato all’istante. “Non vi è dunque proprio alcuna possibilità”, gridai io – “che io resti pressi di te, che tu possa trattenermi con te?“. Accompagnai queste parole con gesti e accenti così disperati, che lei sembrò commuoversi e dopo essersi per un istante raccolta in se stessa, mi confessò che il perdurare del nostro legame non era del tutto impossibile.. Chi più felice di me! La mia insistenza che diventava sempre più viva la costrinse infine a rivelarmi che se io mi fossi deciso a diventare piccolo così come mi era già apparsa lei quella volta, dentro il cofanetto, allora avrei avuto anche subito la possibilità di restarle accanto e trasferirmi con lei nella sua dimora, nel suo regno, presso la sua famiglia. Questa proposta non mi piacque del tutto, ma non potevo proprio, in quell’istante, staccarmi da lei, e essendo già da gran tempo abituato ai prodigi e propenso alle più rapide risoluzioni, mi decisi e dissi che avrebbe potuto fare di me ciò che voleva.
Subito dovetti tendere il mignolo della mano destra. Lei protese il suo, con la mano sinistra si sfilò l’anellino d’oro molto lievemente e me lo infilò al dito. Ed ecco, sentii un forte dolore, l’anello tirava e mi torturava terribilmente. Lanciai un grido altissimo stringendomi involontariamente alla mia bella che però era scomparsa.